- Ritrovo
Piazza XI Febbraio 10
48018 Faenza RA- ore 16
Uno scrigno di arte e fede, di storia e tradizione.
* € 5,00 / € 3 Soci Pro Loco
Intitolato alla memoria del vescovo Giuseppe Battaglia (1944-1970), il Museo Diocesano occupa un’importante porzione del piano nobile della residenza episcopale. Una prima sistemazione degli spazi si ebbe nell’Anno Santo del 2000 ma solo nel 2009 venne avviato un primo intervento di restauro e allestimento che permise di valorizzare importanti testimonianze di età romanico-gotica.
In realtà i limiti cronologici delle opere oggi esposte vanno dal X secolo fino ai giorni nostri, coprendo quindi un arco temporale di mille anni di vita. L’allungato spazio della Loggia Monterenzi è articolato per sezioni, dalla devozione mariana a quella dei santi, dalla liturgia alle forme della religiosità popolare. Particolarmente pregevoli risultano una quattrocentesca Mater Misericordiae, un San Giovanni Evangelista di scuola lombarda del XVI secolo, le croci e gli stendardi processionali, i tabernacoli post-tridentini, un paliotto d’altare in scagliola di età barocca, i modellati plastici della bottega dei Ballanti Graziani e i presepi in terracotta.
Ma lo spazio più prestigioso è la medievale Sala degli affreschi. In essa, oltre a diversi lacerti di esafore duecentesche in marmo rosa di Verona, sono presenti importanti porzioni di pitture parietali di scuola riminese-giottesca risalenti agli anni ’30 del Trecento: Le Quattro Sante, Il trionfo della morte, L’incontro dei tre vivi e dei tre morti e - molto danneggiato- il Giudizio Finale. La sala raccoglie opere di rilevante valore artistico, dalla duecentesca tavola della Madonna della Celletta alle icone di ascendenza veneto-cretese, dalle quattrocentesche tavolette della cantoria della Cattedrale alle superstiti formelle del polittico di Santa Maria foris portam, dal tabernacolo in pietra serena attribuito a Drudo Barilotto alle opere rinascimentali di Biagio d’Antonio, dalle romaniche sculture in pietra calcarea al volto lacerato di un quattrocentesco crocifisso ligneo ritrovato nel 1944 fra le macerie della Chiesa dei Servi e quindi sopravvissuto alle distruzioni belliche.
La Sala del Trono - principale ambiente di rappresentanza dell’episcopio dal XVIII secolo in poi - è strutturata in forma di quadreria. Essa, arredata con pregevoli canterani del XVII e XVIII secolo, raccoglie le grandi pale d’altare che vanno dalla cinquecentesca tavola lignea di Bartolomeo Coda alle tele dipinte da Cristoforo Unterperger, passando per le opere di Tommaso Missiroli, Benedetto Marini, Carlo Cignani. Di particolare interesse sono inoltre il San Sebastiano e il Sant’Andrea attribuiti da alcuni storici dell’arte a Guido Cagnacci.
Il settecentesco Oratorio di Sant’Apollinare, pur essendo ancora in attesa di un prossimo intervento di ripristino dell’antica pavimentazione in cotto, resta un significativo esempio di piccola cappella episcopale con navatella e presbiterio: un ‘barocchetto’ arricchito dalle decorazioni monocrome del bolognese Vittorio Maria Bigari.
Dei successivi spazi dell’ Appartamento del Cardinal Durazzo sono state recentemente riaperte due stanze che accolgono la bella mostra «Calvari», fra cui spiccano soprattutto due opere accomunate dal fatto di essere fortunosamente riemerse dal fango dell’alluvione nei sotterranei dei musei Zauli e Tramonti: nel primo caso si tratta delle formelle in terracotta di una Via Crucis databile agli anni ’40 e di un autore ancora da identificare; nel secondo dei frammenti di una croce in ceramica con cristallina a grosso spessore, copia o forse prova di quella realizzata da Guerrino Tramonti per la Chiesa del Paradiso negli anni Ottanta. Opere di una dolente, impressionante bellezza.